Un interessante Laboratorio Lavazza a Torino nei giorni del Salone del Gusto
Lo sapevate che il caffè per poter arrivare fino a noi con tutti i suoi aromi, dai più suadenti ai più eccitanti, deve venire “estratto”, come fosse una pietra preziosa? Un processo che certo non lo fa risalire dalle viscere alla superficie della terra, ma dal chicco, tostato e macinato, fino alla nostra tazzina. E sapevate che questa operazione, che nella lingua di tutti i giorni definiamo banalmente con l’espressione “fare il caffè”, cambia radicalmente a seconda della cultura dei paesi suoi maggiori consumatori ed estimatori?
Alcuni di noi l’hanno imparato poco tempo nel centro di Torino, all’ex Borsa Valori di via San Francesco da Paola 28, diventata per cinque giorni, durante lo scorso Salone del Gusto, lo Spazio Lavazza. Una location suggestiva, di rilievo architettonico, e una posizione strategica per raccontare i tre anni del progetto “The Earth Defenders” grazie a una suggestiva mostra fotografica a 360 gradi, ma anche per coinvolgere il pubblico e farlo riflettere con dibattiti impegnati.
E dopo aver ammirato il fascino e la bellezza delle piantagioni, frutto del lavoro sul campo dei Difensori della Terra, nelle splendide immagini di Denis Rouvre, a cui si devono gli scatti del Calendario Lavazza 2017, eccoci pronti a conoscere la storia del caffè attraverso quella dei suoi tool, gli “strumenti” per realizzarlo a seconda dei diversi paesi e delle loro diverse culture.
Originario della Turchia, e consumato soprattutto in Medioriente e nei Paesi Balcanici, è il Cezve: un bollitore in ottone comunemente usato sia in casa che fuori casa.
Il Plunger invece è un sistema di estrazione inventato in Francia verso la metà dell’800, poi diffusosi nel mondo con nomi diversi: “melior, cafetière à piston, plunger coffee o french press”.
Originario del Nord Europa, da cui si è successivamente diffuso anche negli Stati Uniti è il Caffè Filtro, poi perfezionato in Germania agli inizi del ’900.
Molto popolare fino alla metà del Novecento fu poi il Siphon, inventato da Loeff di Berlino nel 1830 e da allora utilizzato per più di un secolo in molte parti del mondo.
Ma il vero capolavoro, per “fare” un caffè davvero degno di questo nome, è l’italiana Moka, la caffettiera a pressione molto diffusa nelle nostre. Venne ideata da Alfonso Bialetti nel 1933, diventando fin da subito un’icona del made in Italy nel mondo. Da allora l’industria italiana ha creato numerosi modelli di caffettiere.
E come dimenticare la Napoletana, la caffettiera così cara alle nostre nonne? Eppure, lo credereste? fu ideata da un francese, Morize, nel 1819 e da allora si è poi diffusa in Italia per la preparazione casalinga del caffè.
Dai primi anni del XVII secolo a oggi, la caffettiera napoletana è rimasta un simbolo della cultura e della tradizione partenopea.
Ma arriviamo e alla Macchina Espresso, quella che ci dà il buongiorno ogni mattina nel bar sotto casa.
Brevettata a Torino nel 1884 da Angelo Moriondo, nel 1901 venne perfezionata da Luigi Bezzera.
Nel 1938, ad opera di Gaggia, ci fu la sostituzione del funzionamento a vapore con quello a pistone che introduce, nelle macchine da caffè, l’estrazione a pressione.
Infine, la prima macchina a erogazione venne lanciata nel 1961 con il modello E61 creato da Faema.
E per concludere, un pizzico di esostismo: il Cold Brew.
Nato in Indonesia nel 1600, si diffuse dai mercanti olandesi in Giappone dove ancora oggi è largamente consumato. Noto anche come “Dutch Coffee” o “Kyoto Coffee”.
Negli ultimi 10 anni, su alcuni mercati, è cresciuto il trend del Cold Brew Coffee soprattutto negli USA.
E se ad ogni caffè ci vuole il suo tool, ogni tool ha bisogno della sua giusta miscela.
Perché non provare a cercarla, magari tra le ultime creazioni Lavazza? Kafa, Cereja Passita, Etigua…
Credits: “Photo by Denis Rouvre”
Silvana Delfuoco