L’Italia, si sa, è la nazione dei mille campanili e delle mille identità, in molti casi addirittura frammentate in competizioni tra quartieri o rioni della stessa città. Se c’è da parlar male del vicino o di un concorrente noi italiani siamo i primi e nelle polemiche non ci batte nessuno.
Ma ogni tanto qualche perla la si trova.
Segnatamente nel campo viticolo-enologico il buon esempio viene da tredici aziende agricole con cantine e vigneti di proprietà che producono vini DOC Valpolicella e Soave nella Valle di Mezzane, territorio a est di Verona, fiancheggiata a ovest dalla Valpantena e a est dalla Val d’Illasi, a cavallo tra due tra le più importanti denominazioni di origine venete.
Riuniti nel 2022 grazie all’iniziativa di una di essi, la vulcanica Marinella Camerani, i vignaioli hanno concordato sull’importanza di realizzare uno studio pedologico sui suoli delle proprie aziende col fine di indagare sulle caratteristiche della Valle.
Queste le aziende agricole riunite sotto l’ombrello “Vignaioli Valle di Mezzane”: Benini Alessandro; Marinella Camerani; Falezze di Luca Anselmi; Grotta del Ninfeo; I Tamasotti; Il Monte Caro; ILatium Morini; Le Guaite di Noemi; Talestri; Massimago; Carlo Alberto Negri; Roccolo Grassi e Giovanni Ruffo.

La pedologia – scienza che studia la composizione, la genesi e le modificazioni del suolo – è il fondamento delle zonazioni insieme all’osservazione di tutti gli altri elementi naturali dei luoghi e già sul finire dell’Ottocento Giovanni Battista Perez, nel suo libro “La provincia di Verona ed i suoi vini”, edito nell’anno 1900, senza analisi tecnico-scientifiche delineò le caratteristiche della produzione vinicola di ogni singola vallata valpolicellese, inclusa quella di Mezzane.

Il primo risultato del percorso intrapreso operativamente da poco più di un anno, è stato la Carta dei Suoli in scala 1:10.000 e le tredici carte dei suoli dei vigneti di ogni singola azienda realizzate dal pedologo Giuseppe Benciolini, uno strumento importante per definire la conduzione del vigneto, orientarla sempre di più alla qualità delle uve, fronteggiare al meglio i cambiamenti climatici e salvaguardare il territorio e, non ultimo, conoscere le peculiarità della Valle di Mezzane.
Partendo da ciò, i tredici produttori hanno sviluppato l’idea non solo di valorizzare i propri vini, ma soprattutto di sostenere e sollecitare il Consorzio di Tutela nella definizione del progetto delle Sottozone – attualmente “in itinere” – per i vini Valpolicella, oggetto di studio della “Commissione Vallate”, in attesa di conoscere i passi che l’organo consortile sta facendo su questo percorso e con la possibilità di coinvolgere in futuro anche altre valli.

Nel novembre scorso, con un panel di degustatori e giornalisti, guidati dal giornalista e scrittore Angelo Peretti, è stata fatta una degustazione “tattile”, ossia si è tralasciata la parte olfattiva e si sono valutate solamente le impressioni gustative dei loro vini, questo per evidenziare al massimo le sensazioni palatali e ricavarne un minimo comun denominatore, un “fil rouge” che caratterizzasse i vini, sia i bianchi Soave sia i rossi Valpolicella.
Dalle valutazioni dei presenti, nei vari vini degustati oltre ad una tipica sapidità e una buona acidità, comune a molti vini dell’intera Valpolicella, è emersa una insolita “piccantezza speziata” e questo ha fatto loro decidere di proseguire con una approfondita ricerca scientifica, che proprio per questo sarà piuttosto costosa, per comprendere se possa essere un elemento distintivo valido e caratterizzante di questi vini provenienti dai vigneti della Valle di Mezzane. L’intenzione è quella di coinvolgere l’Università di Verona sulla scorta di un percorso simile studiato alla UC Davis della California anche se, in questo momento, la ricerca è ancora in embrione e la vogliono sviluppare con ulteriori degustazioni coinvolgendo altri esperti del settore, dei winelover e anche alcuni ristoratori.
Si tratta di un progetto molto importante per le tredici aziende della Valle di Mezzane finalizzato a mettere sempre di più in luce le peculiarità delle diverse vallate e per avere tutti più identità all’interno della importante denominazione veronese.

Prima di affrontare il discorso specifico sulla Valle di Mezzane, bisogna però fare un piccolo passo indietro per capire cos’è la Valpolicella, questa regione vinicola famosa per i suoi vini pregiati, tra tutti l’Amarone e il Valpolicella Classico, che si estende per 30 mila ettari di terreno dalle morbide sponde del Lago di Garda agli splendidi paesaggi dei Monti Lessini, occupa 19 comuni dell’area pedemontana della provincia di Verona e si distingue, secondo il disciplinare, in tre zone: la zona Classica, la zona della Valpantena e la zona della DOC. La storia del suo nome risale all’epoca romana e deriva infatti da Val Polis Cellae – valle delle molte cantine – da cui si comprende come già in quell’epoca la zona fosse rinomata per la viticoltura.
I suoli della Valpolicella sono molto variabili e contribuiscono in modo significativo alla qualità dei vini: nella parte settentrionale, i terreni sono per lo più di origine vulcanica, ricchi di minerali e con una buona capacità di drenaggio, ideali per la coltivazione delle uve; man mano che ci si sposta verso sud, si trovano suoli più argillosi e calcarei, che conferiscono ai vini una struttura e una complessità diverse.
È composta da numerose vallate, ognuna con caratteristiche e unicità proprie.
La Valpolicella Classica, che copre i territori più a ovest, è la zona storica e tradizionale, con colline dolci e vigneti ben esposti al sole che subiscono l’influsso del lago. Qui si coltivano principalmente le varietà di uva Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara, che sono fondamentali per la produzione dei vini tipici della regione.
Le altre zone, come la Valpantena e la Valpolicella Orientale, offrono un paesaggio diverso, con terreni più collinari, rocce sedimentarie e calcaree e una maggiore varietà di microclimi. Queste differenze geografiche e climatiche permettono di ottenere vini con profili aromatici distintivi e una gamma di espressioni che riflettono il territorio.

In questo mosaico di suoli e vallate i Vignaioli della Valle di Mezzane intendono valorizzare le caratteristiche dei loro vini derivati da territori articolati, con altitudini dei vigneti che arrivano anche a 550 metri s.l.m. perlopiù con coltivazioni in biologico.
A tal proposito è significativo quanto afferma il pedologo Giovanni Benciolini: “La Vallata di Mezzane… costituisce un piccolo mondo a sé stante, delimitato dalle dorsali che solcano il territorio in direzione Nord-Sud, che la separano dalle vallate limitrofe, ed aperto a sud allo sbocco verso la pianura padano-veneta.
Dal punto di vista geo-pedologico rappresenta pienamente le caratteristiche del più ampio areale dei bassi Lessini ma è nel contempo portatrice, come ogni vallata, di una propria specificità e originalità….presenta tutte le rocce della serie stratigrafica che caratterizza i bassi Lessini; …suoli moderatamente profondi ed estremamente o molto calcarei in corrispondenza delle formazioni geologiche calcaree dominanti, suoli argillosi e non calcarei dove affiorano i basalti vulcanici, terreni molto profondi a granulometria variabile in pianura.
Ciascuna delle tredici aziende che hanno promosso questo progetto rappresenta uno o più degli aspetti descritti: alcune sono caratterizzate dalla prevalenza dei suoli più tipici e diffusi della Vallata, altre racchiudono in pochi ettari l’intera variabilità delle denominazioni di appartenenza, altre ancora si distinguono per la presenza di suoli “rari”, poco diffusi nell’areale e nella denominazione, ma molto caratteristici, in grado di distinguersi anche nelle caratteristiche delle produzioni.
Con questo progetto i vignaioli della Valle di Mezzane hanno voluto promuovere il proprio territorio attraverso la conoscenza del suolo che nutre i loro vigneti e che costituisce l’elemento naturale che sintetizza in sé e congiunge la terra con il cielo per offrire alle viti acqua, nutrimento e sostegno e consentire così la produzione dei vini che ci accingiamo a degustare”.
Ma in conclusione, come sono i vini di queste tredici cantine? Non faccio classifiche, non sarebbe corretto, e non voglio parlare dei singoli proprio perché si presentano coesi in questo complesso percorso di identificazione territoriale e per questo motivo sono meritori di sostegno. Detto questo, ci sono ovviamente differenze, anche perché tra i vini degustati alcuni produttori hanno presentato anche vecchia annate che altri, con storie più recenti, non han potuto proporre, alcuni hanno vigneti a conduzione biologica e altri tradizionale, alcuni vinificano con uno stile che definirei più classico e altri con tendenze più innovative e, soprattutto, i suoli – come evidenziato dalla ricerca di Benciolini – diversificano notevolmente il prodotto finale donando importanti individualità.
I tratti comuni sono la freschezza, anche nelle annate più vecchie, la bevibilità, il fatto di essere – riprendendo un concetto caro ad Angelo Peretti – dei “vinini” e non “vinoni”, ossia con immediatezza di beva e non con l’opulenza esagerata che non ti fa terminare la bottiglia; sono vini con sapidità e speziature delicate – il sentore pepato è sicuramente un denominatore comune – al naso presentano sensazioni fruttate tipiche e perfettamente rispondenti alle caratteristiche dei vitigni; all’approccio gustativo confermano le sensazioni olfattive, vellutati al palato, con acidità non invadenti, ricchezza aromatica, piacevoli balsamicità e tannini non esagerati anche se in alcuni la giovane età presenta ancora astringenze da limare….ma, si sa, bisogna dare valore al tempo perché il tempo ti restituisca valore!
Il primo passo è stato fatto, il percorso è lungo, il mercato sta subendo modifiche sostanziali e la burocrazia non agevola ma, tralasciando il pensiero trito e ritrito che spinge sempre l’uomo a pensare intimamente di essere migliore dell’altro anche se questi corre fianco a fianco insieme a te, in questo variegato microcosmo della Valle di Mezzane ho vissuto di persona, in un viaggio stampa ai primi di febbraio, la volontà di far emergere tutto il gruppo di produttori, di evidenziarsi tutti insieme per un obiettivo comune che porterà solamente benefici a patto che proseguano uniti proprio perché, richiamando il titolo…l’unione fa davvero la forza!
Paolo Alciati