Comunicatrice, Pr, firma di importanti e riuscitissimi format enogastronomici, Laura Gobbi racconta un po’ di sé e del suo nuovo progetto personale
Laura, parlami un po’ del tuo lavoro e a che punto è la comunicazione in ambito food and wine.
“Sono una persona molto fortunata. Faccio un lavoro bellissimo. In apparenza sembra semplice e divertente, in realtà è un continuo mediare e stare in equilibrio. Mi occupo di comunicazione e di relazioni pubbliche da anni. Nasco come marketer territoriale, ho infatti firmato progetti di promozione del territorio che ancora oggi funzionano e restituiscono ai territori visibilità e sviluppo come “Di Gavi in Gavi” e “Movimento gente di lago” – per uno chef stellato del Lago Maggiore – che mi ha permesso di arrivare al progetto di Leandro Luppi ed Elvira Trimeloni “Fish and Chef”, format nati per la riqualificazione del pesce d’acqua dolce e “Vino al Vino”, giusto per citarne alcuni. La comunicazione oggi? Credo che ci siano storie meravigliose da raccontare e da scoprire, se poi lo si fa con passione, dedizione ed etica, meglio ancora“.
Ti occupi anche di ufficio stampa.
“Il mio percorso professionale ha preso una direzione per me inaspettata, credo che fosse comunque una naturale conseguenza di quello che ho fatto nel tempo, andandolo in qualche modo a completare. Per praticità e per essere subito identificata, mi incasellano come ufficio stampa, in realtà, il mio è un approccio strategico alla comunicazione del cliente che, nel mio caso, sono importanti ristoranti, chef, produttori e imprenditori”.
Ci puoi spiegare meglio?
“Per come sono fatta, per la mia formazione e per come lavoro, gettando sempre il cuore oltre l’ostacolo, è quello di spingermi oltre, di dare qualcosa in più al fine di ottenere il risultato che mi sono prefissa. La strategia viene ogni volta creata su misura per il cliente, per il prodotto, per l’obiettivo che si vuole raggiungere come per esempio “Champagne en liberté”, un progetto di comunicazione strategica, nato durante la pandemia e firmato per il primo produttore italiano di champagne, un lavoro che mi ha dato grande soddisfazione a livello lavorativo, fino ad arrivare alla collaborazione con gli chef Giuseppe Daniele, Gabriele Fiorino e Halit Gadjia con i quali da un anno costruiamo una narrazione emozionale legata ai loro menu”.
Indubbiamente creativa e oggi anche designer.
“La creatività è alla base del mio lavoro, designer mi sembra un po’ azzardato, avevo un’idea, un sentimento forte da esprimere e l’ho realizzata, anzi sto cercando di realizzarlo. Gli occhiali “Core mio” sono un progetto del cuore. A volte la vita ti mette a dura prova. Senza avvisarti, senza la minima possibilità di darti il tempo di trovare un riparo o prepararti mentalmente alla caduta. Sbatapam! La durezza del destino entra dentro come un treno in corsa. Cadi a terra e capisci subito che non hai molte possibilità. O ce la fai o non ce la fai. La stessa vita, nello stesso istante, mette sulla tua strada un angelo custode che ti accarezza. Con una semplice frase ti solleva e tu ritorni a respirare: “con quegli occhiali si deve sorridere!”.
Ecco come nascono “Core mio”, il loro senso e la loro missione. Sono ali invisibili che abbracciano e proteggono. Indossare occhiali a cuore diventa la terapia per sopravvivere, guarire e risorgere. Fanno bene, fanno stare bene e fanno del bene. Alleggeriscono i pesi, fanno sorridere e aiutano a vedere le cose da un’altra angolazione mettendoti direttamente in connessione con l’altro, senza filtra né sovrastrutture.
Credo fermamente che “Core mio” arrivino alle persone cui devono arrivare. Sono una bacchetta magica. Ti aiutano a superare, affrontare e trasformare ciò che ti circonda. Infondono forza e danno coraggio. Chi pensa siano occhiali da sole si sbaglia, sono lo strumento per alleggerire e sorridere del quotidiano. Fanno bene, fanno stare bene e fanno del bene”.
Comunicatrice, marketer, PR, designer, imprenditrice…cosa vuoi fare da grande?
“Io non voglio diventare grande, 😉 I grandi hanno sovrastrutture, sono autoreferenziali, rigidi nelle loro visioni, poco inclini al mettersi in discussione e soprattutto hanno perso la magia dello stupore e della meraviglia. Voglio continuare a vivere l’incanto”.
Paolo Alciati