
Nel cuore antico di Torino, in via della Basilica 13, a pochi passi dalle vestigia romane delle Porte Palatine, si nasconde un edificio che sembra respirare la memoria della città. La Casa del Pingone, con le sue mura stratificate tra medioevo e Rinascimento e un loggiato che sa di residenza nobiliare, è una presenza discreta ma potente.

Ogni volta che se ne varca la soglia si percepisce quella continuità tra passato e presente che solo i luoghi autentici sanno custodire. Gli ambienti – recuperati con rispetto grazie a un restauro lungo, oneroso e accurato che ne ha esaltato la bellezza senza snaturarne l’anima – mantengono travi a vista, pareti con tracce di affreschi e dettagli che raccontano secoli di vita torinese.

Oggi l’edificio vive una seconda giovinezza come boutique hotel e spazio gastronomico. Dentro questa cornice si muove oggi una cucina che parla la lingua del territorio, ma con accenti nuovi e un passo leggero.

A guidarla è Lorenzo Cherubini, giovane chef braidese, classe 1997, che ha scelto di costruire la propria identità sulla sostanza, più che sulla spettacolarità. Dopo gli esordi a Bra, nell’Osteria del Boccondivino e in altre cucine del territorio, Cherubini approda all’Osteria Arborina sotto la guida di chef Andrea Ribaldone, che gli insegna rigore tecnico e pulizia di sapori.

Da lì parte la sua esplorazione: un periodo in un ristorante giapponese sempre a Bra, dove assorbe precisione e sensibilità per la materia cruda, quindi il rientro a Torino per lavorare accanto a Valentina Chiaramonte del ristorante Consorzio, punto di riferimento per la nuova cucina piemontese, prima di tornare alla Casa del Pingone, dove oggi firma il menu con la propria visione.

La sua cucina non grida, ma convince. Si percepisce un rispetto profondo per la materia prima, frutto di fornitori scelti con cura e di un dialogo costante con piccoli produttori locali.

Il vegetale è protagonista quanto la carne, e non solo come contorno: è parte centrale del racconto. Le cotture sono essenziali, i contrasti misurati, le acidità sempre equilibrate. L’obiettivo è la semplicità, non l’effetto sorpresa.

Il Pan brioche, burro e acciughe del Cantabrico apre il pasto in maniera diretta: pane soffice e appena tostato, burro montato alla giusta temperatura e la sapidità intensa delle acciughe, tre elementi in perfetto equilibrio…what else?

Tra gli antipasti, il Carpaccio di Fassona marinato a secco e servito con erbe amare e vinaigrette di limone bruciato esprime la filosofia piemontese dello chef, rinnovata nella semplicità.

La stessa cifra si ritrova nelle polpette di bollito e rubra al cacomela, nelle alici marinate e nella classica insalata russa e tonno sott’olio.

Non manca il risotto, vero banco di prova di ogni cuoco piemontese: nel Risotto al lardo e lavanda, Cherubini dosa con intelligenza due elementi opposti, grassezza e profumo, per creare un piatto sorprendente senza cadere nella retorica della cucina creativa.

Ogni piatto nasce dall’idea di sottrarre, di arrivare all’essenziale… less is more. Niente orpelli, nessun effetto scenico: anche nei secondi si ritrova la sua impronta, come nel Rombo, beurre blanc e cime di rapa, che racconta l’equilibrio tra mare e terra attraverso pochi elementi. Il pesce, cotto con precisione, incontra l’acidità burrosa della salsa e l’amaro pulito delle verdure, in contrasti ben calibrati e sapori nitidi.

L’insolito Animella arrosto e fichi d’India osa di più: la parte morbida e sapida dell’animella trova equilibrio nella freschezza del frutto che la accompagna, un abbinamento essenziale e diretto. Il Diaframma di manzo, fagioli e chimichurri alla piemontese porta invece toni più rustici, con carne succosa e saporita, legumi dolci e un condimento che rilegge il chimichurri con erbe locali e note morbide.

I dessert seguono la stessa linea: pochi zuccheri, materie prime pulite e gusto diretto, come nel Monte Bianco e uva, chiusura leggera e coerente del percorso.

Accanto alla cucina, la carta dei vini privilegia etichette piemontesi e piccoli produttori in linea con la filosofia dello chef, mentre la carta degli spirits offre un piccolo viaggio nel bicchiere. Ricca e strutturata, comprende Vermouth, Gin, amari, liquori italiani e internazionali, Whisky da paesi diversi, dal Giappone alla Scozia, Rum e altri distillati di carattere. Una proposta ampia ma coerente, pensata per il dopocena o per percorsi di abbinamento insoliti, sempre nel segno della misura.

Il contesto completa l’esperienza. Le sale accolgono con luce calda, soffitti in legno e dettagli contemporanei che si intrecciano con la storia. Tutto sembra muoversi con naturale equilibrio tra passato e presente. La Casa del Pingone non ostenta, ma racconta, e Lorenzo Cherubini lavora con la stessa leggerezza: niente mode, niente effetti, solo il desiderio di far parlare il prodotto e il gesto. E in una città come Torino, dove la memoria gastronomica pesa quanto il futuro, questa è forse la direzione più interessante da seguire.
Casa del Pingone
- Via della Basilica, 13 – Torino
- Suite +39 3757702267
- Caffetteria +39 0115692233
- www.casadelpingone.it
- Mart – Sab 8:00 – 24:00 / Dom – Lun 8:00 – 16:00
Paolo Alciati & Enza D’Amato
